Il Sottobosco e l’Autunno

L

’autunno è una stagione a volte bistrattata, perché si colloca al termine della agognata stagione estiva, ma se ci si sofferma un attimo e si prende del tempo per una bella passeggiata soleggiata, possiamo incamerare e stupirci di che meraviglie cela l'autunno. Quelle giornate belle da vivere all’aria aperta con il suo tepore, quando la natura si veste di colori caldi e intensi che spaziano dal giallo, all’arancione, al rosso e al verde scuro. In questo periodo la natura ci offre un paesaggio unico. Non si può non approfittare e passeggiare e godere del meraviglioso panorama che ci circonda. Nei mesi autunnali, boschi, strade e giardini si rivestono di rosso, arancione, giallo, marrone, ocra, amaranto, viola e oro, per non parlare delle migliaia di sfumature che esplodono creando panorami unici e variopinti. Madre Natura riflette le stesse sfumature anche per molta frutta di stagione. Il rosso delle mele e dei melograni, l’arancione delle zucche, dei mandarini. Il marrone delle castagne e delle nocciole, e delle faggiole ( semi del faggio), così come il viola nell’uva, nei mirtilli. Il verde nei fichi e il rosa nei ciclamini...Tano da far viaggiare la fantasia e sperare di incontrare qualche folletto custode del meraviglioso bosco di castagni intorno a Nemi

Federica Sepe
Il Regno di Mush
Federica Sepe
Erinaceus Europaeus...il Riccio

Il Bosco di Nemi tra misteri e castagni

Nemi è uno splendido borgo situato in provincia di Roma, sulle pendici dei colli che cingono il lago, nel cuore dell’area dei Castelli Romani. Ubicato nel cuore dei Colli Albani, è  con esattezza il più piccolo dei comuni dell’area dei castelli. Reso famoso per le sue fragoline e i boschi di castagno, a Nemi, dal passato fino a tutto l’alto Medioevo, tra i fitti boschi che circondano il lago, si è protratto un rituale segreto, le cui radici affondano nell’antica cultura animista e pagana preromana. L’etimologia del termine Nemi rievoca il Nemus Dianae e, al contempo, la parola di origine celtica “Nemeton”, termine con cui le popolazioni nord europee indicavano i luoghi sacri. La matrice comune delle due parole ha quindi ispirato una ricerca volta ad indagare gli eventi che qui si svolgevano e la magia che permeava questo  luogo.

A svelare un po’ del mistero che cingeva il lago e il suo bosco è una leggenda locale, che narra la quotidiana frequentazione della dea Diana Nemorensis, la quale amava specchiarsi nelle acque del lago. Del luogo di culto a lei consacrato si sa molto poco: l’unica notizia storiografica certa è quella riportata da Catone il Vecchio, che fissa la fondazione del tempio nel 495 a.C.

Nell’area del tempio furono trovate, insieme a molti frammenti di fiaccole, alcune statuette di bronzo che raffigurano la dea con una torcia nella mano destra. Ciò consente di dedurre che nel culto della dea il fuoco rivestisse una grande importanza simbolica.

Il 13 agosto in suo onore si teneva anche una Festa del Fuoco, molto simile a quelle organizzate dalle culture celtiche nord europee svolte in occasione dei Solstizi e di altre ricorrenze particolari. Durante il rito l’intero bosco veniva illuminato dalle torce che si riflettevano nel lago e i devoti lasciavano le loro offerte davanti al Fuoco Sacro custodito nel Tempio.

In epoca monarchica sull’altra estremità della Via Sacra, nel Foro Boario a Roma, fu costruito un sacello dedicato a Diana, all’interno del quale le Vestali custodivano il Fuoco Sacro perenne. E tutto ciò fa presupporre la straordinaria importanza che il culto di Diana aveva presso i romani.

Sin da subito si percepì che non era affatto un tempio come tutti gli altri. Il sacerdote deputato ad officiarne i riti aveva il destino segnato. Tuttavia è ancora visibile l’ara su cui veniva celebrato il culto di Diana che dovrebbe corrispondere al luogo dove da secoli e secoli veniva praticato il rituale del Re del Bosco. Narra la leggenda che questo paesaggio agreste era teatro di una misteriosa e ricorrente vicenda: nel bosco sacro (in prossimità del punto dove oggi risiede l’altare romano) cresceva isolato un albero particolare, molto probabilmente una quercia, nei pressi del quale a qualsiasi ora del giorno e della notte era possibile vedere una figura che guardinga e fiera impugnava una spada nella mano destra. Si guardava da un agguato che un nemico avrebbe potuto tendergli cogliendolo all’improvviso con l’intenzione di ucciderlo mediante un colpo inferto con un ramo spezzato dall’albero sacro. La figura che si aggirava circospetta era un sacerdote e un re allo stesso tempo: il re-sacerdote del bosco sacro.
Se il misfatto fosse avvenuto, lo sfidante, che la leggenda vuole fosse uno schiavo fuggiasco, sarebbe succeduto al suo trono, finché a sua volta non avesse subito la stessa sorte, alimentando il ciclo e garantendo la continuità di un’antichissima tradizione.
La strana regola di questo sacerdozio non trova immediate corrispondenze e spiegazioni nella mitologia classica. Per avventurarci allora in una possibile interpretazione bisogna addentrarsi nel terreno della mitologia arcaica legata alla concezione animistica dell’esistenza e al rapporto mistico con la Natura. Non si hanno altri riscontri di riti simili nell’antichità. Il Rex Nemorensis doveva avere come successore il proprio assassino.

Ma l’enigma forse più antico è costituito dal cosiddetto “Emissario del Lago” o “Condotto di Nemi”.  

Trattasi di un opera di ingegneria idraulica semplicemente straordinaria. Qualsiasi aggettivo superlativo non basta per descriverla in maniera corretta e dettagliata.

Dal I secolo d.C. cominciò a circolare una leggenda secondo cui all’interno del lago di Nemi, giacessero due navi sommerse. . Numerosi lavori di ricerca e recupero furono tentati durante i secoli (i primi nel XV secolo, poi nel 1535) e finalmente nella prima parte del ‘900, dopo 5 anni di lavoro dal 1928 al 1932, attraverso l’ausilio delle idrovore, si abbassò il livello del lago e si recuperarono le due navi della grandezza di 64 e 71 metri. A farle costruire si pensa fu Caligola. Odiato da senato e senatori,dopo la sua morte decretarono una damnatio memoriae, facendo distruggere tutte le immagini che lo ritraevano e tutte le sue opere, tra cui proprio le navi, affondate nel lago. Le due imbarcazioni, consacrate una a Diana e l’altra a Iside, venivano utilizzate dall’imperatore sia come palazzi galleggianti in cui ricevere i suoi ospiti (‘na cosetta, giusto pe’ gradì) o anche per il suo divertimento, facendole guerreggiare tra loro simulando battaglie navali.

 

Profumo d' Autunno

La passeggiata nel bosco inizia , dopo aver fatto due chiacchere  con il vecchietto sapiente del paese, che con fare nascosto e sguardi imperscrutabili ,custode di vicende antiche e tramandate, mette ancor più mistero alla narrazione. Devo dire che tutto il percorso si avvolge di una sensazione, smania  di voler davvero cercare di scoprire attraverso i castagni e il bosco qualsiasi cosa attesti tali narrazioni . Per non parlare del fascino autunnale in cui il bosco sembra davvero possa essere vissuto da folletti e fatine che lo custodiscono.

La tradizione narra cosi di

Il lenghelo, detto anche lenghero, lenghelu o familiarmente lengheletto, è un folletto o spiritello presente nella tradizione popolare dei Castelli Romani. In molte regioni del Sud Italia questa figura magica viene conosciuta sotto il nome di Farfaro, mentre è conosciuto con altri nomi nelle varie regioni d’Italia.
Secondo la leggenda ha un aspetto alto e longilineo, da cui il nome lenghelo, cioè “lungo” o “allungato”. Spiritello dispettoso ma non malvagio, secondo la tradizione popolare si può osservare in varie situazioni: cammina sulle scale di legno, oppure si nasconde nei sottoscala. Disturba con scherzi coloro che non rispettano i propri familiari o semplicemente le persone a lui antipatiche letteralmente saltando loro sulla pancia durante il sonno. Inoltre, nasconde o rompe piccoli oggetti nella casa, ma può anche far trovare soldi o dare numeri vincenti al lotto. I lengheli sono di tre tipi: quelli della casa, quelli del bosco e quelli dell’orto e della frutta.
I lengoletti dei boschi, chiamati così per distinguerli dagli altri, sono descritti come spiriti cattivi, in quanto confondono i sentieri agli esseri umani e spaventano gli animali che ci vivono. Quando il bosco è cupo e silenzioso, uccelli non volano e non cantano, nè si incontrano animali, è segno che quello è il territorio di un lenghelo.

Con noi i Lengoleti sono sati amici perchè nel bosco basta rispetarli e quindi dopo il raccolto  L’autunno è nel suo tepore, davanti al camino quando amiamo assaporarne i frutti; le mele antiche, le caldarroste, la polenta con i funghi appena colti, e l’immancabile bicchiere del rosso barbera o dolcetto; e qui, una merenda con la compagnia degli Amici, o anche di quelli temporanei di viaggio, ci avvolge e riscalda.

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Lo Scrigno Castagna
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Bosco di Nemi
Lo, Nemi! navelled in the woody hills
So far, that the uprooting wind which tears
The oak from his foundation, and which spills
The ocean o’er its boundary, and bears
Its foam against the skies, reluctant spares
The oval mirror of thy glassy lake;
And, calm as cherished hate, its surface wears
A deep cold settled aspect nought can shake,
All coiled into itself and round, as sleeps the snake.
Lord Byron, Childe Harold’s Pilgrimage, Canto III, CLXXI

Informazioni…

  •  Difficoltà: escursione medio/facile – ADATTA A    persone allenate 
  • Dislivello: 600 mslm circa
  • Lunghezza: 10 km circa
  • Durata: 5 ore. Rientro per le 16.00
  • L’orario di rientro è indicativo e dipende molto dal gruppo
  • Dove: Nemi

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